ECHI DA BABELE. La voce del traduttore nel mondo editoriale

18,00

 

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Descrizione

 

Echi da Babele.La voce del traduttore nel mondo editoriale

 

Presentazione di Massimo Bocchiola
Edizioni Santa Caterina, 2016 – pp. 280
(Quaderni del Master di editoria ; 9)
ISBN 978-88-96120-27-9
EURO 18,00

 

SOMMARIO E INTRODUZIONE

 

Il volume è disponibile anche in formato elettronico su Casalini Digital:  clicca qui

Tradurre è un’arte silenziosa e discreta, spesso nascosta allo sguardo del lettore.
Autore in incognito, il traduttore vive da sempre diviso tra il dovere di rispettare il testo e l’urgenza di renderlo comprensibile nella lingua d’arrivo.

Valicate le frontiere, in queste pagine Rodari si ritrova a testa in giù, Malaussène impara l’italiano e il commissario di Vigata si presenta «Montalbano je suis». Attraverso ricerche d’archivio, materiali inediti e testimonianze dirette, Echi da Babele svela i retroscena del mondo della traduzione in più di venti casi editoriali, da Gomorra al Trono di Spade, dalla Dickinson alla Rowling, da Queneau a Murakami.

 

 

SOMMARIO

 

TESTI INTRODUTTIVI

 

Presentazione (Massimo Bocchiola)

http://digital.casalini.it/10.1400/248521

 

Premessa

http://digital.casalini.it/10.1400/248522

 

ECHI DA BABELE

 

Le lingue del fantastico

 

Che lingua parla il vento? Tradurre il fantastico di Damasio: intervista a Claudia Lionetti

(Lorenzo Cetrangolo)

 

 

Ice and Fire: le cronache tradotte. George Martin secondo Sergio Altieri

(Francesco Zamboni)

http://digital.casalini.it/10.1400/248524

 

L’ambiguità dell’ordinario. Maurizio Nati traduce Humpty Dumpty in Oakland di Dick

(Giuseppe Aguanno)

http://digital.casalini.it/10.1400/248525

 

La metrica della traduzione

 

Riscoprire l’America. Fernanda Pivano e la costruzione di un’antologia

(Elena Folloni)

 

 

Emily-Nessuno e la sua Lettera al Mondo. Ricezione e traduzione di Emily Dickinson in Italia

(Maria Ceraso)

 

Un atto creativo, non imitativo. La traduzione poetica secondo Franco Buffoni

(Anna Travagliati)

 

 

La vita accanto. Fabio Pusterla traduttore di Philippe Jaccottet

(Enea Brigatti)

 

 

Aldo Palazzeschi in Russia. Tradizione e traduzione: intervista ad Anna Jampol’skaja

(Andrea Papa)

 

 

Di fiore in fiore. L’Antologia Palatina tradotta da Salvatore Quasimodo

(Elena Villanova) 

 

 

Un gioco da ragazzi

 

Il Piccolo Principe nasce a New York. Storia e fonti di una traduzione in “casa” Bompiani

(Diletta Rostellato)

 

 

Le magie della traduzione. La revisione della saga di Harry Potter

(Anna Guerrini)

 

 

Rodari a testa in giù. Una traduzione tra creatività editoriale e propositi educativi

(Mattia Gadda)

 

 

Le età di Zazie. Zazie nel metrò: due traduzioni a confronto

(Vanessa Nascimbene)

 

 

Gerghi e dialetti

 

Da Vigata a Parigi. Le traduzioni francesi di Andrea Camilleri

(Flavio Mainetti)

 

 

Tradurre la lingua dei morti. El llano en llamas, da Juan Rulfo a Maria Nicola

(Lorenzo Baccari)

 

 

Un romanzo, tante voci, mille colori. La traduzione del ciclo di Malaussène di Daniel Pennac

(Rossana Mancini)

 

 

Società e narratori

 

Le identità di Gomorra. Viaggio alla scoperta delle edizioni straniere

(Anna Chiara Sartorello)

 

 

Una traduzione “pericolosa”. I versi satanici di Salman Rushdie

(Giulia Maurelli)

 

 

Manuale per una traduzione accelerata. Pensante, Coupland e la traduzione di Generation X

(Giuseppe Musso) 

 

 

Pagine oniriche

 

Un romanzo straniero di un autore italiano. Requiem, storia di un’autotraduzione mancata di Tabucchi

(Letizia Spettoli) 

 

 

Pecore, amore e fantasia. I titoli che hanno lanciato Murakami Haruki in Italia

(Chiara Costa)

 

 

L’impresa epica dell’Ulisse di Joyce. Le fatiche e le avventure del Celati traduttore

(Marco Adornetto)

 

 

In conclusione

 

Fate caso al nome del traduttore? Un’indagine fra i lettori

(Anna Laura Carrus)

 

 

INDICI

 

Indice dei nomi

 

Indice delle collane e delle case editrici

 

 

VIDEO YOUTUBE: Booktrailer Echi da Babele 

 

VIDEO YOUTUBE: Echi da Babele – Teaser #1 

Booktrailer Echi da Babele

 

 

Abstract saggi di Echi da Babele

 

Che lingua parla il vento?

Tradurre il fantastico di Damasio: intervista a Claudia Lionetti

di Lorenzo Cetrangolo.

 

Protagonista dell’intervista è Claudia Lionetti, traduttrice dal francese per Editrice Nord del romanzo fantasy L’orda del vento (titolo originale La Horde du Contrevent) di Alain Damasio; opera che ha venduto 150 000 copie solo in Francia e ha vinto nel 2006 il Grand Prix de l’Imaginaire. Il colloquio parte con una sintesi fatta dalla traduttrice della vicenda editoriale del romanzo per poi passare alla discussione riguardante le problematiche dalla Lionetti nella traduzione di un testo appartenente al genere Fantasy, tipologia che spesso crea difficoltà ai traduttori, per poi dare alcuni esempi dei meccanismi usati da Claudia Lionetti per superare le difficoltà presentate dal testo. In conclusione, la traduttrice offre alcune considerazione riguardo la natura del suo lavoro e su quanto abbia pesato L’orda del vento sulla sua visione della inafferrabile trasmutazione che è il tradurre.

 

 

 

Ice and Fire: le cronache tradotte

George Martin secondo Sergio Altieri

di Francesco Zamboni.

 

Figura centrale di questo colloquio è Sergio Altieri, scrittore di thriller metropolitani e da ormai diciassette anni traduttore della celebra saga fantasy: Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin, ai più nota con il titolo della serie TV: Il trono di spade. Nella prima parte dell’intervista il traduttore offre alcune considerazioni sull’opera, divenuta un vero e proprio fenomeno globale, passando poi ad esporre i motivi che hanno spinto Mondadori a non pubblicare i libri in edizione integrale ma divisi in più volumi. Nella seconda parte, invece, Altieri discute della responsabilità con cui il traduttore deve fare sempre i conti quando approccia un’opera, come coerenza, rispetto e anche canone estetico. Passando poi a esporre alcune delle insidie insite nella traduzione del testo per poi offrire la sua opinione riguardo a tale mestiere, che Altieri ritiene quasi come una sorta di missione.

 

 

 

 

L’ambiguità dell’ordinario

Maurizio Nati traduce Humpty dumpty in Oakland di Dick

di Giuseppe Aguanno.

 

Terminato nel 1960, Humpty Dumpty in Oakland di Philip K. Dick viene per la trasposizione in italiano affidato nel 2011 al laureato in lingue e letterature straniere Maurizio Nati, il quale comincia l’attività di traduttore editoriale quasi per caso a partire dagli anni Settanta. Non nuovo allo stile narrativo di Dick, Nati incontra però difficoltà riguardo alla dettagliata costruzione dell’ambiente in cui si svolge l’azione; riuscendo però a risolvere questo problema con l’utilizzo di una mailing list, oggi mutata in pagina Facebook, ufficiale dedicata all’autore. Più difficile è invece per il traduttore affrontare gli scivolameùnti di Dick nei classici canoni del filone cui l’autore appartiene, la fantascienza. Ostacoli che sebbene rendano difficoltosa la traduzione non impediscono a Nati di riuscire alla fine a tradurre l’opera di Dick, i cui scritti hanno avuto da principio poco successo, in italiano.

 

 

 

Riscoprire l’America

Ferdinanda Piovano e la costruzione di un’antologia

di Elena Folloni.

 

All’inizio degli anni sessanta, Ferdinanda Piovano è ormai famosa e la traduttrice genovese rappresenta un punto di riferimento per la cultura angloamericana nella scena letteraria italiana. Quelli però per la Piovano sono anche anni molto difficili dal punto di vista personale; contrassegnati dal licenziamento dalla Mondadori nel 1961, l’aggravarsi della malattia del marito e la morte del padre Riccardo nel 1963. In quel difficile periodo la traduttrice riesce però anche a comporre e curare per Feltrinelli l’antologia Poesie degli ultimi americani; uno spaccato della produzione poetica della Beat generation. Per la composizione Ferdinanda Piovano si affidò a Ted Wilentz (uno dei pochi punti di riferimento nella vita dei girovaghi beats) grazie alla cui collaborazione, dopo aver risolto varie problematiche di carattere editoriale e traduttivo curate dalla stessa Piovano, l’opera verrà pubblicata nel 1964.

 

 

 

Emily-Nessuno e la sua Lettera al Mondo

Ricezione e traduzione di Emily Dickinson in Italia

di Maria Ceraso.

 

La prima traduzione italiana delle poesie, definite dalla loro autrice «la sua lettera al mondo», di Emily Dickinson la dobbiamo a Margherita Guidacci; la quale riceve in regalo una copia in lingua originale da un soldato cileno conosciuto durante la guerra. La versione della Guidacci viene pubblicata per la prima volta nel 1947 ma la sua traduzione, anche a causa della scarsa affidabilità del testo originale, non manca di problemi come: lo scarso uso dei trattini e l’uso anomalo delle maiuscole. Al lavoro della Guidacci segue quello di Guido Errante nel 1965 che però, nonostante il traduttore avesse maggiore conoscenza del dibattito sull’autrice, viene aspramente criticata per la forzatura delle rime. Altre versioni usciranno degli anni Settanta e Ottanta a cura di vari traduttori tra cui, per fedeltà alla punteggiatura e all’ortografia dell’originale, spicca quella di Barbara Lanati.

 

 

 

Un atto creativo, non imitativo

la traduzione poetica secondo Franco Buffoni

di Anna Travagliati.

 

Protagonista dell’intervista è Franco Buffoni, uno degli scrittori viventi più significativi della nostra letteratura, direttore della rivista “Testo a fronte” e curatore dei “Quaderni di poesia contemporanea”, autore tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo, olandese e vincitore di importanti premi letterari. Nella prima parte del colloquio, incentrato sul saggio Con il testo a fronte, Buffoni espone le sue opinioni e le sue esperienze riguardo il processo traduttivo della poesia; per poi passare ad esporre la sua idea di traduzione poetica e in particolare il concetto secondo cui essa consista in un atto creativo e non di imitazione. Nella seconda parte dell’intervista il poeta espone alcune esperienze personali, come l’impatto avuto su di lui della scoperta di altri autori omosessuali, per poi concludere con delle considerazioni riguardo lo stato della poesia nel nostro paese e all’estero.

 

 

 

La vita accanto

Fabio Pusterla traduttore di Philippe JAccottet

di Enea Brigatti.

 

Figura centrale dell’intervista è Fabio Pusterla, poeta svizzero “di frontiera” e da più di venticinque anni voce italiana di Philippe Jaccottet, di cui ha tradotto le maggiori raccolte poetiche e diversi lavori di prosa. La prima parte del colloquio si concentra sull’incontro tra Buffoni e la poesia di Jaccottet (a sua volta traduttore in lingua francofona delle opere di Buffoni); su come si sia messo in contatto con l’autore francese e del suo rapporto professionale e personale con quest’ultimo. In seguito, il poeta svizzero espone il lavoro svolto nella traduzione delle poesie e dei lavori in prosa del francese e diversi approcci che le due tipologie di scritto richiedono. Al termine del colloquio invece, l’intervistato offre un ragionamento sulla convinzione che si debba essere poeti per tradurre poesia e alcune riflessioni riguardo ai lavori futuri, sempre traduzioni di Jaccottet, che vorrebbe intraprendere.

 

 

Aldo Palazzeschi in Russia

Tradizione e traduzione: intervista ad Anna Jampol’skaja

di Andrea Papa.

 

Protagonista del colloquio è Anna Jampol’skaja, docente associata di Lingua e letteratura italiana presso il dipartimento di traduzione letteraria dell’Istituto Universitario di Letteratura “Maksin Gorkij” di Mosca, esperta e studiosa di italianistica e soprattutto traduttrice di Aldo Palazzeschi (pseudonimo del padre del Futurismo: Aldo Pietro Vincenzo Giurlani) in lingua russa. La prima parte dell’intervista riguarda i motivi che hanno spinto la giovane traduttrice russa a scegliere di tradurre proprio Palazzeschi e l’impatto che l’autore fiorentino, non sconosciuto in Russia, ha avuto nella traduzione letteraria del paese. La discussione in seguito si concentra sullo stato delle pubblicazioni di Palazzeschi in Russia e dell’approccio della traduttrice con esse, per poi passare alle prospettive di traduzioni future degli scritti di Aldo Palazzeschi secondo l’opinione Anna Jampol’shaja.

 

 

 

Di fiore in fiore

L’antologia Palatina tradotta da Salvatore Quasimodo

di Elena Villanova.

 

È il 1957 quando esce, presso l’editore Guanda, il Fiore dell’Antologia Palatina. Una selezione di epigrammi tratti dai libri V-VII, IX-XII e XVI della celebre raccolta, e il traduttore è un nome importante: il futuro premio Nobel Salvatore Quasimodo. Il poeta siciliano, il cui nome avrebbe contribuito a dar lustro a un progetto editoriale di alto profilo che voleva soddisfare il lettore colto, si avvale per la traduzione dell’aiuto della professoressa di greco e latino Caterina Vassalli; nella quale trova un’indispensabile collaboratrice. Caratterizzato dalla cura rivolta al testo greco, dal ruolo imprescindibile giocato dalla filologia nel processo di traduzione poetica e dalla valorizzazione dell’ordine delle parole; il testo permette a Guanda di arricchire il proprio catalogo con un testo classico che grazie allo stile del suo autore avrebbe, al contempo, incontrato il gusto e l’attenzione del pubblico moderno.

 

 

 

Il Piccolo Principe nasce a New York

Storia e fonti di una traduzione in “casa” Bompiani

di Diletta Rostellato.

 

Nel 1948 Bompiani, guardando con largo anticipo alla letteratura per ragazzi rispetto alle case editrici italiane, acquista i diritti di Il Piccolo Principe da Gallimard; il grande editore francese con cui è già da anni in contatto per la pubblicazione di opere di autori come Sartre, Camus e Gide. Ciò nonostante, la scoperta del racconto passa monto probabilmente per gli USA, paese di prima pubblicazione. Uscito nel 1949, il racconto viene tradotto da Nini Bregoli Bompiani; il cui lavoro, seppur di grande valore, non è esente da critiche come la scarsa attinenza al testo francese dando l’impressione che la Bregoli si sia invece affidata al testo inglese. Queste e altre imperfezioni verranno risolte solo nel 1994 a partire con l’edizione tascabile curata da Benedetta Centovalli. Quella della Bregoli sarà comunque l’unica traduzione italiana fino allo scadere dei diritti d’autore nel 2014.

 

 

 

Le magie della traduzione

La revisione della saga di Harry Potter

di Anna Guerrini.

 

I sociologi li chiamano “Generazione Harry Potter”: sono quei ragazzi, tra anni Ottanta e gli inizi del Duemila, che con i romanzi di J. K. Rowling si sono avvicinati alla lettura e, con essa sono cresciuti. Proprio a loro si rivolge, a più di dieci anni di distanza, la riedizione pubblicata da Salani tra il 2011 e il 2014; avviando un’operazione di revisione ed editing, affidata a un comitato editoriale coordinato da Stefano Bartezzaghi e dall’editor Viola Cagninelli, della versione già presente sul mercato. Il lavoro si è da subito concentrato prevalentemente sulla traduzione, ponendo l’accento su pochi ma fondamentali elementi quali i nomi parlati, il lessico magico, i neologismi, gli anagrammi, i giochi di parole, le filastrocche e la resa delle parlate gergali di alcuni personaggi. Così da valorizzare l’evoluzione diacronica dell’opera, assegnare a ogni termine inglese un preciso corrispettivo in italiano.

 

 

 

Rodari a testa in giù

Una traduzione tra creatività editoriale e propositi educativi

di Mattia Gadda.

 

Nell’autunno del 2008 a Lincoln, Inghilterra, viene pubblicato dalla The Caseroom Press un libro curioso: nessuna scritta campeggia sulla sovraccoperta, solo un grande disegno tanto colorato quanto enigmatico e con in quarta di copertina una scritta capovolta. Si tratta di Tales to change the world, traduzione inglese dell’opera Favole per cambiare il mondo di Rodari. A occuparsi della trasposizione dall’italiano all’inglese è Jack Zipes, professore emerito di tedesco e letteratura comparata all’Università del Minnesota che, dopo essere entrato in contatto con delle opere precedenti di Rodari decide di apprendere l’italiano per tradurle. Spinto dall’affinità provata verso l’autore, Zipes seleziona le storie e le traduce attingendo alla totalità degli scritti rodariani, e non soltanto alle versioni precedenti del libro, riorganizzandoli in una raccolta autonoma rispetto alle fonti originali.

 

 

 

La variabile tempo

Zazie nel metrò: due traduzioni a confronto

di Vanessa Nascimbene.

 

Zazie nel metrò (pubblicata per la prima volta da Gallimard nel 1959) di Raymond Queneau viene tradotta per la prima volta in Italia nel 1960 da Franco Fortini (F); il quale si trova subito in condizione di doversi confrontare con il vivace impasto linguistico dell’opera, infarcito di trascrizioni fonetiche in cui metalinguaggio e linguaggio-oggetto si contrappongono. Una traduzione italiana, quella di Fortini resiste fino al 2011, quando Rizzoli acquista i diritti per la versione a fumetti del romanzo e ne affida la traduzione a Viola Cagninelli (C). Le differenze tra le due traduzioni saltano subito all’occhio e si può immediatamente notare come, rispetto a F, C restituisca allo scritto una sonorità più simile a quella originale; rendendo anche i tanti modi di dire che compaiono nel libro, tradotti letteralmente da F, più comprensibili al pubblico italiano andando alla ricerca di una lingua più “giovane” e attuale.

 

 

 

Da Vigata a Parigi

Le traduzioni francesi di Andrea Camilleri,

di Flavio Mainetti.

 

Arrivate in Francia prima ancora di raggiungere il successo in patria, le avventure del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri, Salvo Montalbano, a causa della storia e delle tradizioni linguistiche tra il paese d’arrivo e l’Italia mettono da subito in difficoltà i traduttori francesi Il problema viene risolto in diversi modi. Domonique Vittoz, primo traduttore di Camilleri, ritorna al passato e, contravvenendo ai canoni moderni, utilizza il dialetto lionese; ma questo approccio rende difficoltosa lettura da parte del pubblico. Serge Quadruppani, al contrario, individua i tre livelli linguistici utilizzati da Camilleri: l’italiano ufficiale, il siciliano stretto e il dialetto italianizzato, il più difficile da approcciare, trattando ognuno con un approccio specifico. Superato queste insidie linguistiche il fascino di Vigata e della lingua ibrida di Camilleri riesce, alla fine, a conquistare anche Parigi.

 

 

 

Tradurre la lingua dei morti

El llano en Llamas, da Juan Rulfo a Maria Nicola

di Lorenzo Baccari.

 

Soggetto dell’intervista è Maria Nicola, traduttrice del libro El llano en llamas di Juan Rulfo; serie di racconti pubblicata per la prima volta nel 1945 sulle riviste messicane “Pan” e “America” e poi raccolti in un unico volume, la cui prima edizione risale al 1953. Opera riproposta nel 2012 da Einaudi con il titolo La pianura in fiamme. La prima parte del colloquio si concentra sulle quali abilità un traduttore debba possedere e sul ruolo di quest’ultimo, passando poi al primo contatto della traduttrice con l’opera di Rulfo e le principali difficoltà da essa affrontata nel suo lavoro sul testo. La seconda parte dell’intervista riguarda, invece, l’esperienza vissuta dalla traduttrice nel trasporre i racconti i libri in italiano e le scelte lessicali effettuate da Maria Nicola. Per ultimo, l’intervistata espone i rapporti tra traduttore e casa editrice e il confronto con la figura del revisore.

 

 

 

Un romanzo, tante voci, mille colori

La traduzione del ciclo di Melaussène di Daniel Pennac

di Rossana Mancini.

 

Il primo contatto tra Yasmina Melaouah, traduttrice di tutti i libri della saga di Melaussène di Daniel Pennac, è stato per stessa ammissione della traduttrice uno shock. All’epoca della trasposizione in italiano del primo libro (Il paradiso degli orchi) Yasmina infatti, essendo appena uscita dall’università, non aveva esperienza con un registro linguistico basso e quindi si trovò spesso in difficoltà. Con l’esperienza e la maggiore familiarità con l’inimitabile stile di Pennac, Yasmina Melaouah riesce però mediante un azzeccato uso dei regionalismi e il ricorso ad espressioni desunte da un italiano sub standard ma non propriamente dialettale, a rendere l’idea di una lingua capace di far respirare al lettore italiano la sua eterogeneità. Riuscendo in questo modo a rendere il particolarissimo stile di scrittura tipico di Daniel Pennac intellegibile ai lettori del nostro paese.

 

 

 

 

Le identità di Gomorra

Viaggio alla scoperta delle edizioni straniere

di Anna Chiara Sartorello.

 

Quando una storia è profondamente radicata nel paese natale, esportarla all’estero significa sradicarla dal suo contesto e rischiare di perderne l’essenza. Il compito della traduzione è quindi quello di “confezionare” il vestito giusto perché l’opera possa comunicare al pubblico quanto l’autore ha voluto scrivere. Mai ciò è stato più vero che nel caso di Gomorra di Roberto Saviano, la cui opera ha dovuto affrontare il rischio di perdere il proprio significato nel suo viaggio verso l’estero. Prima questione da dover affrontare è stato il titolo, la cui assonanza con la parola camorra è possibile solamente in italiano; dato che all’estero ci si riferisce alla criminalità organizzata italiana con un generico mafia. Altro fattore da prendere in considerazione, insieme alla copertina, è stato poi la resa dei termini linguistico/culturali presenti nell’opera e non immediatamente comprensibili al pubblico straniero.

 

 

 

Una traduzione “pericolosa”

I versi satanici di Salman Rushdie

di Giulia Maurelli.

 

Il 14 febbraio 1989, attraverso la Radio Theran, l’imam Khomeini condanna a morte per l’accusa di blasfemia lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, reo di aver scritto il libro I versi satanici. La fatwa però non riguarda solo l’autore, ma anche tutti coloro che contribuiranno alla diffusione dell’opera come il traduttore italiano Ettore Capriolo, accoltellato il 3 luglio 1991. Episodio che spingerà il traduttore, affetto da disturbi neurologici in seguito alle ferite, a prendere la sofferta decisione di non tradurre più Rushide. L’aggressione a Capriolo non fu l’unico atto di violenza perpetrato contro chi contribuì alla diffusione del libro (il traduttore giapponese dell’opera, per fare solo un esempio, Hitoshi Igarashi venne infatti ucciso il 12 luglio 1991), ma fu quello che fece comprendere al mondo la reale pericolosità della condanna dell’iman considerate fino a quel momento solo come semplici minacce.

 

 

 

Manuale per una traduzione accelerata

Pensante, Coupland e la traduzione di Generation X

di Giuseppe Musso.

 

Pubblicato nel 1991da St. Martin Press, il romanzo d’esordio del canadese Coupland, Generation X, viene tradotto in Italia per Interno Giallo da Marco Pensante. Già all’avanguardia nel campo della traduzione negli anni Novanta, Pensante comincia a lavorare immediatamente su di una resa in italiano; se però la sintassi non crea problemi, lo stesso non vale per l’influenza esercitata dagli usi e costumi della società americana sul romanzo. Cosa che in taluni casi costringe il traduttore a un leggero allontanamento dal testo per rendere l’opera intellegibile ai lettori italiani. Più complessa per Pensante è invece la traduzione dei colloquialismi, dei realia e più in generale dei riferimenti culturali presenti nel romanzo. Difficoltà che il traduttore riesce però a risolvere con l’aiuto della casa editrice e con uno scambio di informazioni con un disponibilissimo, forse perché esordiente, Coupland.

 

 

 

Un romanzo straniero di un autore italiano

Requiem, storia di un’autotraduzione mancata di Tabucchi

di Letizia Spettoli.

 

Se uno scrittore, che è anche traduttore, conosce perfettamente due lingue e può disporre liberamente e letterariamente di entrambe può crearsi uno sdoppiare la sua personalità? Quando Antonio Tabucchi nel 1991 scrive Requiem, sembra accadere proprio questo. Se infatti un lettore si avvicinasse all’opera, subito gli salterebbe all’occhio quella che appare come una discrepanza; e cioè che uno scrittore italiano ha scritto un’opera in portoghese che è stata tradotta da un’altra persona, di nome Sergio Vecchio. Se Tabucchi non entra nel novero degli autori che sono traduttori di sé stessi è essenzialmente per due ragioni: da un lato la difficoltà da lui provata nel tradurre un’opera che ha funzionato in una determinata lingua, sebbene questo sia un timore comune a tutti i traduttori, dall’altro c’è il timore che auto tradursi lo porterebbe alla totale riscrittura del testo.

 

 

 

Pecore, amore e fantasia

I titoli che hanno lanciato Murakami Haruki in Italia

di Chiara Costa.

 

Quando si parla di Murakami, non si può fare a meno di pensare al particolarissimo e rivoluzionario stile che lo porterà al successo in patria e all’estero. Giunto in Italia con un certo ritardo l’autore, divenuto più tardi famoso per l’opera Norwegia Wood, esce con il suo terzo romanzo: Sotto il segno della pecora (Longanesi & C., 1992). Nel 2010 l’opera verrà riproposta da Einaudi con la traduzione dal giapponese di Antonietta Pastore e il titolo Nel segno della pecora. Il mutamento del titolo, fattore di particolare importanza nella traduzione, è opera della stessa Antonietta Pastore; la quale, pur ispirandosi alla precedente versione in italiano, sceglie questo cambiamento per offrire al lettore una versione più evocativa e vicina all’originale giapponese. Lingua che, secondo la stessa Rusconi, risulta per sua natura particolarmente complessa da rendere in un linguaggio tanto strutturato come l’italiano.

 

 

 

L’impresa epica dell’Ulisse di Joyce

Le fatiche e le avventure del Celati traduttore

di Marco Adornetto.

 

Dopo un’iniziale esperienza negativa con la traduzione, una volta arrivato nel 1996 alla casa editrice Einaudi, tradurrà negli anni diversi autori tra cui: Balzac, Twain, Conrad e Stendhal. La traduzione dell’Ulisse di Joyce, opera con cui Celati era già venuto in contatto negli anni universitari, da parte del traduttore ha inizio nel 2006 ed è un processo reso difficile da quello che lui stesso definisce «un flusso oceanico in cui ci si perde continuamente e in cui a ogni momento si va incontro a un azzardo». Questa difficoltà traduttiva viene risolta quando Celati comprende che quella dell’Ulisse non è una lingua, ma una stralingua in cui compaiono tutti insieme termini irlandesi, britannici, gaelici e altri che vanno a mischiarsi con voci e parole inventate dallo stesso autore; capendo finalmente di dover accettare il disordine dello scritto per rendere al meglio la sonorità del testo originale.

 

 

 

Fate caso al nome del traduttore?

Un’indagine fra i lettori

di Anna Lura Carrus.

 

Dei 63 417 libri pubblicati in Italia nel 2014, il 17,7% era di autori stranieri; cifra che sarebbe ancora maggiore se si considerassero anche le innumerevoli riedizioni dei grandi classici. Dietro questa notevole percentuale si nasconde una figura senza la quale gran parte degli scaffali delle librerie rimarrebbero vuote: il traduttore. Ma qual è davvero la percezione che i lettori hanno dei traduttori? Per rispondere a questa domanda è stato realizzato un sondaggio. Dalle risposte dei 659 lettori coinvolti si evince che nonostante l’alto gradimento dei libri tradotti e l’interesse mostrato verso la figura del traduttore esso riceve un riconoscimento e una visibilità estremamente limitati. Il 62,29% degli intervistati, infatti, al momento dell’acquisto di un libro straniero non fa caso al nome del traduttore; mentre addirittura l’89,72% dei soggetti dell’intervista affermano di non ricordare neppure il suo nome.